La nuova socia, Barbara Magalotti, educatrice nei nostri centri di accoglienza, ci parla di se in questa interessante intervista.
– Buongiorno Barbara, da quanto tempo lavori con noi?
Ho iniziato a lavorare presso la cooperativa Metis circa 5 mesi fa, ad ottobre del 2021.
– Di cosa ti occupi alla Metis?
Personalmente lavoro come operatrice socio educativa all’interno dei C.A.S. (Centri di accoglienza straordinaria) che ospitano migranti richiedenti asilo.
In estrema sintesi accompagno i richiedenti asilo nei loro primissimi passi nell’acquisizione della propria identità (realizzazione dei documenti e del permesso di soggiorno in primis), del loro diritto alla salute, e li aiuto ad avvicinarsi alla rete dei servizi fondamentali per la loro inclusione sociale e lavorativa (Associazioni che organizzano corsi di lingua italiana, centri di orientamento scolastico e professionale, Centro per l‘impiego, ecc.).
Oltre a questa funzione per così dire di mediazione e accompagnamento all’inserimento sociale e all’inclusione, il mio lavoro consiste anche e soprattutto nell’ascolto attivo delle persone accolte, dando parole di conforto, contenimento e di incoraggiamento in alcuni momenti particolari, spronandoli all’autonomia e all’autosufficienza, ma anche al senso di responsabilità individuale nel condurre una vita che sia soddisfacente per loro ma che sia anche rispettosa delle norme e delle sensibilità degli altri. E secondo me questo parte dal senso di rispetto che si ha del luogo che ci ospita e delle persone che ci vivono (i coinquilini), dalla cura per l’igiene personale e degli ambienti, dall’acquisizione di atteggiamenti gentili e accoglienti verso gli altri, nel trattare gli altri come si vorrebbe essere trattati.
– Raccontaci un po’ di te e di cosa hai fatto prima di arrivare qui
Fino a prima della pandemia la mia vita era molto diversa…una vita molto libera e fuori dagli schemi.
Ho lavorato come stagionale per più di 25 anni, e dal 2002 ho dedicato le mie energie e la mia vita alla nascita, implementazione e sviluppo di un progetto di assistenza socio-educativa e sanitaria, rivolto ai figli dei detenuti del carcere San Pedro di La Paz (Bolivia). Il progetto è rivolto a circa 350 bambini che fino al 2019 erano residenti in carcere con i loro padri detenuti (ora finalmente in processo di reinserimento nelle famiglie estese), ed alle loro famiglie, coordinato dall’associazione Laboratorio Solidale ODV, della quale sono la presidente.
Oltre a lavorare con i bambini, la nostra organizzazione si occupa di detenuti stranieri e di diverse etnie, accompagnandoli e sostenendoli nella mediazione con ambasciate e consolati, e fornendo loro supporto legale e cure mediche di base.
Il mio impegno personale è stato quello di creare i presupposti per una presa in carico da parte istituzioni pubbliche locali della popolazione minorile residente in carcere, favorendo la creazione di una rete di collaborazione interistituzionale rivolta all’infanzia a rischio di esclusione sociale ed emarginazione, contribuendo a migliorare la cooperazione tra i diversi enti ed incentivando la condivisione di buone pratiche.
Il mio lavoro è stato anche quello di accompagnare e formare un gruppo di operatori e volontari boliviani i quali hanno progressivamente acquisito le competenze e la professionalità necessarie alla gestione autonoma del progetto.
– Cosa ti piace del tuo lavoro?
Il rapporto con le persone è sicuramente la cosa che mi piace di più e attraverso la quale scopro me stessa e monitoro continuamente le mie competenze e i miei limiti. Interagire con persone provenienti da paesi lontani e tanto diversi dal nostro, è un prezioso allenamento all’apertura e all’elasticità mentale e alla capacità di accogliere le differenze oltre che grande opportunità di apprendimento rispetto ad usi, costumi e percorsi storico-politici extraeuropei e di comprensione di realtà lontane anni luce da quella in cui viviamo. Una grande occasione di smantellare residui di etnocentrismo che possono pericolosamente essersi depositati su alcune nostre convinzioni e i nostri modi di pensare. Lavorare con le persone è un apprendimento continuo, è un ricalibrare ipotesi, modi di pensare, convinzioni, è acquisire esperienza umana che serve a reagire con saggezza nelle emergenze e a non prendersela troppo quando le cose non vanno proprio come pensavi che andassero .
Mi da soddisfazione accompagnare le persone nella comprensione dei propri diritti e nella capacità di rendersi autonomi. Lo scambio con queste persone è per me anche una importante scuola di umanità e di umiltà che mi permette di intuire quanti pregiudizi ancora è necessario scardinare nel cammino verso le pari opportunità ,la pari dignità, gli uguali diritti umani per tutti.
Lavorare con queste persone mi insegna a stare nel mezzo tra le emozioni e la razionalità, realizzando qualcosa che sento molto utile per aiutarle ad inserirsi nel tessuto sociale e muovere i loro passi autonomi verso la vita che vogliono costruire. Che, a pensarci bene, un po’ era il lavoro che facevo con i detenuti del carcere San Pedro di La Paz.
– E c’è qualcosa che invece delegheresti volentieri ai colleghi?
Non c’è qualcosa che non mi piace in questo lavoro…più che altro ci sono tante cose e spesso manca il tempo per farle tutte!
– Cosa renderebbe questa cooperativa un posto migliore in cui lavorare?
Una cosa che purtroppo accomuna tutte le cooperative in Italia, sono le condizioni contrattuali per educatori ed operatori sociali, non favorevoli.
Il lavoro educativo in Italia è sottovalutato e non viene adeguatamente retribuito e valorizzato.
Questo è un vero peccato, perché il lavoro educativo sarebbe il più grande ed utile investimento che ogni Paese potrebbe fare per costruire una società più giusta, sana e felice.
– Grazie Barbara per il tuo tempo. E buon lavoro!